Scaraboo – Creativi per il sociale | Intervista

[dropcap type=”2″]Nell’intervista di oggi voglio presentarvi il progetto di 5 giovani creativi che hanno deciso di unire le proprie competenze artistiche personali e professionali per dedicarle al mondo del Non-profit e della cooperazione allo sviluppo.

Scaraboo – Creativi per il sociale, questo il nome del progetto, è nato con l’intento di offrire professionalità, creatività e competenza alle Onp che desiderano raccontare e comunicare i propri progetti e raccontare le proprie missioni attraverso dei video-reportage.

L’attività di Scaraboo si è poi andata ampliando e perfezionando, riuscendo oggi ad offrire servizi che vanno dalla fotografia alla grafica, dal reportage al documentario.[/dropcap]

In questa intervista cercheremo, grazie alla disponibilità dei ragazzi di Scaraboo, di raccontarvi un pò più concretamente di cosa si tratta, ma se volete scoprire ancora di più vi consigliamo di visitare il sito www.scaraboo.it e di seguire il loro Blog

Questa invece la pagina Facebookun mi piace per essere sempre aggiornati!

Ecco quello che ci hanno raccontato

Presentatevi…
Siamo Alessandro Zanoli, Nazzareno Suriano, Roger Lo Guarro, Laura Dell’Agli e Francesca Procopio. Abbiamo dai 26 ai 40 anni. Viviamo in Italia, dalla Calabria alla Lombardia passando per Roma e Bologna e nella vita lavoriamo con le immagini. Fotografia, regia, filmaking e visual design, ognuno ha la propria vita professionale indipendente e con modalità diverse da il suo contributo alla causa. Per questa intervista sarò io, Alessandro, a fare le veci del gruppo.

Nel vostro sito si legge che siete un gruppo si giovani creativi che hanno deciso di unirsi e dedicare le proprie competenze al mondo del no-profit e della cooperazione allo sviluppo. Come è nata questa idea e con quali obbiettivi?
Scaraboo nasce a seguito di una comune esperienza (mia e di Roger), con una Ong Italiana, Cbm Italia Onlus, che ci ha permesso di viaggiare in Nepal e in Africa per realizzare dei reportage video/fotografici in cui si raccontano i loro progetti in loco. A seguito di questa esperienza abbiamo capito cosa realmente ci interessava fare nella vita e quale svolta etica dare al nostro lavoro.  Una volta pensato il progetto, abbiamo avuto il desiderio di coinvolgere i nostri più cari amici/colleghi e in poco tempo, abbiamo creato il sito e iniziato a prendere i primi contatti. Unire le forze ci ha permesso di poter far fronte a diverse richieste. Se in un primo momento eravamo incentrati sul reportage, ora siamo in grado di offrire un prodotto completo (fotografia, reportage, documentario, grafica e spot).

©Scaraboo – Slum 49 Kolkata, India – CBM India 2010

Scaraboo è nata nell’aprile del 2012 come progetto creativo. E’ molto giovane e si sta facendo conoscere. Dopo un anno di lavoro possiamo dire che la strada è ancora lunga, ma percorrerla è fonte di gioia e responsabilità.

Il nostro obiettivo è quello di permettere a tutte le Onp, soprattutto a quelle che faticano a raccogliere fondi da destinare alla comunicazione, di poter comunicare e raccontare la propria missione ed i propri progetti in modo fresco ed efficace. Non abbiamo una tematica preferita. Il mondo è pieno di storie pregne di coraggio e passione, gioia e dolore e noi vorremmo raccontarne molte. Crediamo fortemente che ci sia un modo giusto e molti sbagliati per raccontare.

Non siamo alla ricerca della drammaticità a tutti costi, del pietismo e per ogni foto pubblicata c’è e ci deve essere una storia scritta. Dietro ad una foto c’è una persona con la sua dignità ed abusare della sua condizione a favore di un nostro ritorno economico o di immagine non rende giustizia al soggetto e toglie valore alla nostra professione.

C’è un’etica da rispettare. Vediamo troppe volte scatti rubati che raccontano forse più le gesta o la bravura del fotografo che la storia del soggetto ripreso, questo non ci piace, non serve a rendere questo mondo migliore.

Personalmente ammiro molto l’idea di utilizzare le proprie competenze professionali nell’ambito del “sociale”, un settore molto spesso penalizzato dalle dinamiche della nostra società. In base alle vostre esperienze, quali sono le difficoltà più grandi che si incontrano lavorando in questo settore?
Per noi questo ancora non è un lavoro. O meglio, non è una fonte di reddito tale da poterlo definire il nostro lavoro. Scaraboo per ora è un progetto creativo. Il sociale è un mondo che stiamo conoscendo via via che incontriamo le persone che ne fanno parte. E’ un mondo che ha bisogno di attenzione, di soldi e tempo. Tre cose che la società in cui viviamo non concede facilmente. Non vogliamo entrare in discorsi troppo polemici, ma è un mondo complesso e pieno di contraddizioni, fatto di persone davvero capaci e volenterose, ma anche di burocrati privi delle necessarie competenze.

©Scaraboo – Slum 49 Kolkata, India – CBM India 2010

Senza pensarci troppo: diteci tre cose che piacciono a Scaraboo.
Non puoi chiedere a 5 teste di “non pensarci troppo”, tuttavia tiro fuori quelle che potrebbero abbracciare il sentire eterogeneo del gruppo: il mondo che scorre dal finestrino, la siesta e il mare…

Vi andrebbe di scegliere uno dei vostri video reportage e di raccontarci come è stato realizzato? A voi la scelta…
Rispondo io, il filmaker.

Ho molti ricordi pesanti come le condizioni degli abitanti dello slum Kibera di Nairobi o la distribuzione di cibo nel Corno d’Africa massacrato dalla mancanza di piogge per 4 stagioni consecutive. Ho anche molte storie di rivincita e gioia ritrovata come quella di bimbi come Nitish in Nepal o Moses in Kenya che hanno rivisto la luce con una semplice operazione di cataratta. Quando penso ai miei viaggi c’è sempre un ricordo particolare di Patan, in Nepal, durante una pausa del reportage con Cbm Italia.

Ero seduto, in attesa che ci si riunisse tutti per andare  a pranzo. Silvana Mehra, responsabile Cbm in Asia, in quel momento, mi diede una grande lezione di vita che mi porto tutt’ora dentro quando sono in viaggio. Mi disse:

“Ale, fermati, il mondo accade, tu devi solo sederti e osservare, scoprirai di vedere molte più cose.”

In quel momento il viso più dolce che abbia mai visto mi si fermò davanti e mi guardò per qualche minuto, senza parole, pura dolcezza; è difficile raccontare il dolore degli altri.

Ci vuole cuore, umiltà e coraggio. Non sempre c’è tutto nello stesso momento. Noi fotografi o filmaker, abbiamo uno scudo, una maschera che in qualche modo ci protegge dal dolore altrui. Ma solo fino a quando guardi in camera… poi la realtà ti riprende e inizi a farti molte domande.

Il vostro prossimo progetto?

Il nostro prossimo progetto lo stiamo per finire. Si tratta di uno spot filmato da me e diretto da Nazzareno Suriano, per la Terre des hommes International Federation in Bruxelles – la campagna di sensibilizzazione Destination Unknown (www.destination-unknown.org).

Stiamo per lanciare una webTV per documentari brevi che raccontaranno diverse realtà italiane (teatri occupati, precaritao, decrescita…) Poi si viaggerà, ma ancora non ci è dato sapere quando e verso dove.

Ci suggerireste una canzone da ascoltare alla fine di questa intervista?
Mentre rispondo alle tue domande ci sono i VadoinMessico e ora sta andando “Archaeology of the Future”. Nazzareno, suggerisce Overjoyed di Stevie Wonder.

Un ringraziamento ai ragazzi di Scaraboo per averci dedicato un pò del loro tempo!

www.scaraboo.it – Blog – Facebook:

Written by: Gianna

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2 commenti

  • – Le circostanze hanno voluto che io passassi una parte significativa della mia vita cosciente nella cittadina di Novozybkov, la quale si trova all’estremo ovest del paese. Da noi per arrivare a Gomel’, in Bielorussia, ci sono 80 km, a Černigov, in Ucraina, 170 km, ma fino a Brjansk, nostro capoluogo russo di regione, più di 200… Fiumi limpidi, boschi pieni di selvaggina, funghi e frutti di bosco, gente semplice e laboriosa. Lavoravo in un istituto superiore dove si effettuava la preparazione dei maestri delle prime classi per le scuole di villaggio dei dintorni e di quelle “oltre confine” (ucraine e bielorusse). Da bravo insegnante di discipline sociali, io conducevo i miei pupilli “verso le successive vette del socialismo evoluto”, credendo in tutta sincerità che il nostro paese fosse il migliore al mondo. Ora è triste e ridicolo ricordare come io, che non ero stato NEANCHE UNA VOLTA all’estero, cercassi di convincere i miei alunni che i problemi dell’URSS (che in quel periodo non facevano che crescere) erano inconsistenti se confrontati con gli enormi problemi del mondo del capitale, di un portuale francese o di un fattore americano. Nel 1985 giunse il tempo della perestrojka e noi, gioventù dei ’70 e degli ’80, con ammirazione ascoltavamo il nuovo leader del paese, Michail Gorbačëv, che per primo cominciò a parlare senza carte e documenti, improvvisando. Allora avevo poco più di trent’anni e credetti sinceramente che fosse giunto il tempo dei cambiamenti. A quell’epoca la “democratizzazione” avvenne anche dentro di me. Altri possono confermare che proprio verso la metà degli anni ’80 per me ebbe inizio la strada nel terzo settore.

  • L’Atlante, realizzato dall’Associazione 46° Parallelo, fin dalla prima edizione è stato sostenuto dall’Associazione Ilaria Alpi, AAM Terra Nuova, ASAL, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome con il proprio patrocinio, Unimondo, Tavola della Pace. Quest’anno ha ricevuto la preziosa collaborazione di Amnesty International Italia che ha contribuito a fare il punto sulle violazioni dei diritti umani in Medio Oriente, Europa, Asia e America e della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco si è unita al progetto fornendo approfondimenti sulla situazione e la tutela dei beni a rischio a causa dei conflitti.